“L’ALTRA META’ DELLA RESISTENZA”

L’ALTRA META’ DELLA RESISTENZA è il titolo sia della bibliografia che il Museo della Resistenza ha curato in collaborazione con il Sistema Bibliotecario di Vallecamonica nel 2014, sia il titolo della raccolta curata da Marzotta all’interno delle pubblicazioni dei Quaderni di storia del movimento operaio e contadino in Italia, nella quale si trovano episodi di 18 donne decorate con medaglie d’oro, numerose d’argento e di bronzo o di croce di guerra, ricevute per atti di puro eroismo ed impregnati di storia e sociologia relativa alla Resistenza femminile.

Ci furono tra le resistenti 2750 fucilate o cadute in combattimento, 3000 deportate nei campi di sterminio, 4500 arrestate e torturate: le donne venivano infatti torturate ancor più spesso degli uomini, sia perché la cosa dava maggior soddisfazione al sadismo dei carnefici, sia perché era risaputo che per le mansioni che svolgevano erano sempre in possesso di informazioni preziose: erano ufficiali di collegamento, cioè staffette.

E per meglio definire il ruolo di staffetta, che è il sostantivo più diffuso per designare l’attività partigiana delle donne, vi rimando alla definizione di Dario Morelli contenuta nel testo “I gesti e i sentimenti: le donne nella Resistenza bresciana. Percorsi di lettura”:

“Quando si parla di staffetta si intende una donna che riesce a muoversi anche nelle zone troppo pericolose per gli uomini, che collega i gruppi armati tra di loro e con i loro centri direttivi, che porta agli uomini le notizie, gli ordini, la stampa clandestina, i documenti (falsi) di identità, la posta di casa, ma anche viveri, armi, munizioni e danaro; che deve muoversi recando materiale ingombrante e pericoloso, in tanti modi, in bicicletta o a piedi sotto le intemperie, o sui camion dei nazifascisti, o in treni affollati, controllati dai tedeschi ed esposti al pericolo dei bombardamenti aerei alleati; che aiuta a ricoverare i feriti in luoghi sicuri, che fa servizio di corriere con le città, che ascolta i messaggi trasmessi da Radio Londra, che intercetta le comunicazioni del nemico e ne riferisce ai comandi partigiani. In città, poi, a tutto questo si aggiunge il lavoro di organizzazione dei gruppi di resistenza nelle fabbriche, nelle scuole, negli uffici; quello di allestimento e funzionamento dei depositi di viveri, armi, indumenti e vettovaglie per i partigiani; quello di preparazione e diffusione della stampa antifascista ma anche l’opera di assistenza ai carcerati, ai perseguitati dai nazifascisti e alle loro famiglie e, per alcune, l’attività politica clandestina in seno a partiti e gruppi vari”.

Questa lunga citazione fornisce un’eccellente sintesi dell’attività delle donne nella guerra partigiana, indicando con chiarezza la complessità che si cela dietro la definizione di staffetta.

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Katia Eufemia Bresadolamostra